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Sommersi da fumogeni, grida d’incitamento e polvere, i giocatori entrano finalmente in campo: sono cinquantaquattro, ventisette a squadra, costumi d’epoca di quattro colori, Blu, Bianchi, Rossi e Verdi e sneakers ai piedi.
Prima dell’ingresso delle squadre, il corteo di gonfaloni e lancieri dei quatto rioni cittadini, ognuno legato a una chiesa, e guidato dai tifosi al suono dei tamburi, aveva accompagnato i giocatori fino a Piazza Santa Croce, Firenze.
Stefano Schirato ha scoperto il Calcio Storico Fiorentino attraverso immagini viste per caso. È rimasto colpito da quel gioco antico, residuato di tempi arcaici (pare che il Calcio Fiorentino sia un’evoluzione diretta dell’Harpastum, giocato e diffuso tra i legionari romani) e, allo stesso tempo, attuale per sentimento di appartenenza e l’accesa partecipazione da parte dell’intera città.
Affascinato da questa sintesi di moderno e antico, dalla commistione di regole approssimative ed emozioni non frenate, il fotografo ha deciso di immergersi in questo mondo, seguendo una stagione del torneo.
Firenze si divide nel tifo dei suoi quattro rioni storici: i Bianchi di Santo Spirito, i Rossi di Santa Maria Novella, i Verdi di San Giovanni e gli Azzurri di Santa Croce.
Ogni squadra dedica mesi agli allenamenti per affrontate le due eliminatorie e la finale (nel giorno di San Giovanni, patrono di Firenze).
Stefano Schirato ha seguito la fase preparatoria al torneo di ognuna delle quattro squadre, fotografando i giocatori lungo un anno di flessioni, allenamenti, spogliatoi, docce, corse in campo, lotte, calci, pugni, pesi, tra sudore e fango, esaltazione e acciacchi fisici.
Il tutto si svolge in tre giorni, cinquanta minuti a partita, cinquanta minuti di lotte serrate e di corpo a corpo per il possesso della palla, obiettivo finale portarla al di là della linea difesa dalla squadra avversaria. Non ci sono regole, né pietà, i calcianti possono toccare la sfera in ogni modo e devono fermare gli avversari a ogni costo. Il tutto fa del Calcio Storico un’arena fuori dal tempo, ma anche un confronto locale, perché si combatte per la propria comunità, il quartiere.
Anche se il gioco favorisce per 50 minuti la sensazione di un annullamento dello spazio-tempo conosciuto, grazie alle sue immagini, Schirato è riuscito a rivelarne il tessuto concitato, veemente, nel quale i giocatori si avvinghiano, si placcano, scartano, cadono.
La velocità del gioco è visibile nel fuori fuoco e nel movimento dei corpi che si affastellano nelle foto, nell’occhio del giocatore intravisto tra le gambe dei compagni, nelle lotte a due colte nella mischia della partita. Un ritmo concitato al limite del grottesco e che l’autore riesce a cogliere sezionando le fasi del gioco tra i calcianti, privilegiando delle zone dell’arena e raccontandole nei dettagli dei gesti e dei volti. In questo coadiuvato dalla scelta di scattare con Leica SL e un obiettivo 90-280mm.
Nelle immagini della preparazione, invece, entra nel tempo rarefatto degli spogliatoi, si sofferma sui momenti di confidenza tra i giocatori, alla fisicità degli allenamenti. Qui si alternano i particolari di corpi, muscoli, tatuaggi, i segni sulla carne.
L’obiettivo si allontana e i luoghi stessi diventano protagonisti (i muri rossi della palestra, il verde dello spogliatoio, il cortile con gli attrezzi, il gazebo blu, il campo di gioco circondato da palazzi, il corridoio con la sagoma del campione) per raccontare il contesto e la materia di uno spettacolo/competizione all’insegna della fatica, del testosterone, della virilità, amicizia, impegno, e della dedizione a una storia cittadina.